Un altro caso in cui
l’altro viene considerato “il diverso”, con una reazione spesso
di rifiuto è quello dell’immigrato. Bisogna saper riconoscere in
lui la dignità che ha, riconoscere che ha lo stesso bisogno di
essere amato, di far famiglia, di lavorare; deve essere visto
con la logica evangelica “ero straniero e mi avete ospitato”.
Ancora: il malato cronico, l’anziano. Sperimentiamo tutti di trovarci in una società che
invecchia: l’età media è intorno agli 85-87 anni e c’è una certa
tendenza all’eutanasia sociale. Si pensa : “a un certo
punto,tanto vale che muoia, che non si intervenga, se le cure
sono troppo costose…”
L’etica applicata alla
diversità ci porta a dare particolare importanza al “patto
generazionale”.
La famiglia è formata da
genitori, figli, nonni e oggi anche bisnonni; in essa esiste un
patto che le dà forza, che le dà la dimensione del che cos’è il
far famiglia. Questo si contrappone alla famiglia “usa e getta”
fondata su legami che si infrangono alle prime difficoltà.
La solitudine dei grandi
anziani è oggi una tragedia e l’etica che valorizza il patto
generazionale cementa la famiglia, crea relazioni di
solidarietà, di collaborazione.
Molti poveri di oggi
coincidono con gli anziani. E’ facile trovare anziani lasciati
soli dalla famiglia che lavora.
La povertà di queste
persone è la mancanza della rete di amicizie, della rete
familiare; questa solitudine psicologica, che diventa
spirituale, ne fa luogo di sofferenza.
L’on.Binetti ha accennato
ad altre diversità da coltivare come ricchezza: la diversità
uomo-donna, la diversità di opinioni, ecc.
In un ultimo passaggio
della sua relazione, ha fatto riferimento, a proposito della
diversità di opinioni, alla ricchezza dell’esperienza cristiana,
del vissuto fortemente impegnato sul piano sociale della Chiesa,
che viene considerato da alcuni come un “luogo arretrato”,
fatto da intelligenze “congelate”.
Nel contesto di dilagante
laicismo in cui viviamo, si tende a leggere i valori di cui
siamo portatori in una chiave da considerare superata.
Ricordava le parole
pronunciate da Papa Francesco proprio nell’Angelus di oggi 7
aprile, con cui ci spingeva a non avere paura di testimoniare i
nostri valori, l’etica cristiana, una solidarietà forte.
Noi cristiani abbiamo
l’esperienza della concretezza nel servizio. Come Papa Francesco
che “coepit facere et docere”, l’etica cristiana prima serve e
poi insegna.
Ci ha augurato di portarci
dentro queste cose perché le viviamo.