In aereo
Silvano prese posto nelle prime file, quasi dispiaciuto che a Vittorio fosse toccato il 22C. Dopo qualche minuto,
però, l’hostess pregò Vittorio di cedere il posto al figlio
del signore accanto e così Vittorio si ritrovò, giusto caso,
accanto a Silvano. La conversazione fu piacevole e il
viaggio sembrò brevissimo. La loro avventura iniziava. Non
si erano mai concessi un viaggio così lungo. Il loro impegno
e la loro professionalità erano stati ampiamente e
giustamente premiati. Quel viaggio premio aveva
intrinsecamente un significato che esulava dal puro
riconoscimento di un’attività lavorativa proficua per
l’azienda. Entrambi la vivevano come un dovuto
riconoscimento ad anni di sacrifici, di rinunce, di costanza
e abnegazione. Entrambi stacanovisti incalliti, ora godevano
del meritato riposo.
L’albergo a Riga era un po’ decentrato, tuttavia di
ottimo livello e subito Vittorio e Silvano si stabilirono
nelle loro camere al 119 e 120. Due suite attigue, con una
porta comunicante. L’azienda non si era risparmiata nel
rendere il loro soggiorno quanto più confortevole possibile.
Nel pomeriggio, una prima escursione per la
città col 47 del servizio pubblico; riuscirono a farsi un’idea
degli spazi e degli edifici più belli della città nordica che,
coi suoi innumerevoli edifici Art
Nouveau, non ha paragoni al mondo. A sera tornarono in taxi.
I 29 euro pagati per tornare in albergo sembrarono un po’ tanti
a Vittorio, sempre molto attento alle spese; ma non proferì
parola. Silvano aveva la cassa comune e non si era lamentato
minimamente del costo della corsa che, per una città come Riga,
a parere di Vittorio era un po’ esoso.
Il giorno successivo la città offrì agli occhi dei due
turisti tutta la sua magnificenza. Non a torto, pensò Vittorio,
veniva chiamata la Parigi del nord. Sotto un timido, pallido
sole di inizio novembre, il clima era reso frizzante dalla
gelida aria che soffiava da nord; per fortuna la mancanza di
precipitazioni piovose o nevose rendeva la vacanza più fruibile.
— Silvano, che ne dici di andare al Casinò?
— Vittorio, non mi è mai piaciuto rischiare ad un Casinò.
— Eccolo, lui! Sempre così morigerato, sobrio, contenuto.
Ma per una volta almeno, rilassati!! Fa’ qualcosa di
spropositato e di inusitato. Prenditi una sbornia, azzarda alla
roulette, vai a puttane, prova il parapendio, fa’ bungy jumping,
sali su una mongolfiera! Una volta, nella tua vita!
E con un tono di incoraggiamento incalzò:
— Dai, dai,
dobbiamo andare subito a giocare al Casinò. E non bofonchiare.
Al Casinò, ho detto!
— Stamattina?
— Assolutamente sì!
— E perché proprio di mattina?
— Ascolta: da quando siamo partiti sono perseguitato dal
numero undici. Rammenti che in aereo ero al posto 22? Doppio di
11! E l’hostess mi portò accanto a te. E dove mi ritrovo?
All’11, A. La mia camera d’albergo che numero è? 119, cioè un 11
iniziale e 11 è la somma delle tre cifre. E il numero del bus
hop-on hop-off di ieri? 47: somma le due cifre e cosa ottieni?
Quanto hai pagato il tassista ieri sera? 29 euro, e la somma è
sempre 11!
— Vittorio, hai davvero una fervida fantasia.
— Fantasia? No, è realtà! In che mese siamo? Novembre,
l’undicesimo mese! E oggi che giorno è? 11! Da quanti anni
lavoriamo per l’azienda? Tra poco finiremo il nostro undicesimo
anno. E ieri sera, manco a farlo apposta, arrivato in camera che
ti vedo in TV? Ocean’s Eleven!
Vittorio continuò con un’aria che non ammetteva repliche:
— Troppi segni premonitori. Oggi giocheremo al Casinò. E
alle ore 11.11 esatte punterò 1.100 euro sul numero 11!
Millecento euro costituivano quasi l’intera somma
destinata alle spese comuni. A Silvano non andava giù di
rischiare tutto su un numero e cercava ogni possibile soluzione
per distogliere l’amico dall’idea espressa.
— Beh, anziché giocare tutto su un numero secco, potresti
provare Black Jack. Anche lì l’11 è vincita. E avresti più
possibilità di vittoria.
— No, no. Black Jack ha a che fare con le carte; devi
prendere delle decisioni, sei legato anche a scelte altrui. No,
no. Niente da fare. 11 secco alla roulette, alle ore 11.11.
Disse tutto con tale fermezza che a Silvano venne davvero
difficile smontare l’amico.
— Dai, dai, svelto! Dobbiamo andare in taxi se vogliamo
essere in tempo per giocare. Non possiamo prendere i mezzi
pubblici. Stamattina – hai sentito? – sono in sciopero gli
operatori. Un ritardo sarebbe fatale.
Il 3152 arrivò pressoché immediatamente e i due si
avviarono al Casinò dello Sheraton.
— Silvano, taxi 3152. Cosa ti dice questo numero? Prova a
sommare le cifre! E poi mi vuoi dire che non devo credere ai
segni?
Dopo pochi minuti erano già pronti, accanto al tavolo
della roulette. Anzi, ai due tavoli attigui.
Fiche in mano,
Vittorio era pronto a puntare sull’11 al primo tavolo dei due
che si fosse liberato per le 11.11.
Il momento tanto atteso arrivò. Trepidazione e ansia
erano molto visibili sul viso di entrambi e Vittorio non poteva
tenere a freno il tremore del mento e del labbro inferiore. Gli
occhi puntati sulla pallina dopo che il
croupier fermò le
puntate col rituale: Les
jeux son faits; rien ne va plus. Pochi secondi di tensione e
la pallina rallentò la corsa. Vittorio chiuse gli occhi; sentì
il tonfo della pallina nel settore numerico segnato dalla
fortuna. La ruota fermò il suo giro e poi le parole del
croupier:
— Onze, noir,
impair, manque.
Vittorio assaporò il bacio della fortuna e sentì le
labbra della Dea bendata poggiarsi sulla sua fronte madida di
sudore. A stento frenò il suo entusiasmo. Con movimenti gelidi,
ma avidi, raccolse i 38.500 euro in
fiche, si avviò lesto alla cassa e poi fu una volata verso l’uscita.
Ce l’aveva fatta! Ora poteva gridarlo ai quattro venti. La sua
euforia non aveva più freni inibitori. Regalò un centone al
busker che si esibiva
accanto all’ingresso del Casinò; depositò un’altra banconota nel
taschino del concierge
dello Sheraton. Si avviò alla fermata del bus, distribuì altre
banconote ai tre bimbi di una giovane mamma in attesa e subito
dopo visionò l’orario del bus che li avrebbe ricondotti al loro
albergo.
— Peccato, è passato da qualche minuto – disse a Vittorio
che, in tutto quel frangente, aveva seguito, anzi inseguito
l’amico nelle sue evoluzioni di irrefrenabile felicità.
— No, non possiamo attendere.
La frenesia di Vittorio era incontenibile.
Un repentino dietrofront; un salto giù dal marciapiede per
richiamare l’attenzione del taxi nella corsia di fronte e…
Silvano si voltò di scatto udendo la frenata, lo scontro e poi
il tonfo. A una spanna dal corpo inanime di Vittorio, il 74 coi
suoi 11 minuti di ritardo.