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ALCHIMIE IN RIMA |
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Il
Dì di Festa
(©
2017 disegno di Rita Mangione) |
ALCHIMIE IN RIME è una delle numerose
pubblicazioni interne all’Associazione. Ogni pubblicazione raccoglie
filastrocche, composizioni in rima, giochi di parole, arguzie,
sagaci battute, ironiche amenità, frizzanti trovate, allegre
dediche, tenere battute, voli poetici scherzosamente ideati dal
gruppo di amici di ALCHIMIE nelle più svariate occasioni.
Qui di seguito si trovano soltanto sparuti
esempi della copiosissima produzione.
IL DÌ DI FESTA
(© 2016 Giuseppa Ripa)
Un giorno il Dì Di Festa
decise per protesta
di volere divenire
anche lui un dì feriale,
stanco sempre di sentirsi dire
ch'era un giorno assai speciale.
"Siamo tutti giorni uguali!
Non esiste differenza
e di feste si può far senza!"
Rosso era il Dì Di Festa.
Era rosso anche in testa.
E all'1 Maggio, suo cugino,
fece, lieto, un bell'inchino.
Di 'sto cambio repentino
se ne accorse ogni bambino.
Sempre a scuola dovea andare;
manco un giorno per giocare!
Per le mamme e pei papà
fu uno stress. E sai perché?
Tutti i giorni a lavorare,
mai più ferie da godere!
Niente torte a preparare
né partite da guardare.
Ed i nonni, poveretti?
Intristiti soli soletti.
Fu un gran lutto nazionale.
Ogni giorno era uguale!
Così il primo col secondo,
con il terzo, il quarto e il quinto;
Il sesto al settimo rassomigliava
e poi la storia ricominciava...
"Ma che affanno! Che tristezza!"
Obiettò il Dì Di Festa.
"Sì, è vero, siam tutti uguali.
Ma uguali dentro, e non banali;
perché la vita è bella da gustar
se c'è una sana e sobria diversità!"
Così la sua protesta terminò
e il suo spazio, felice, riconquistò.
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UNA FAVOLA STRANA
(© 2017 Marisa Cusumano)
Narra una favola strana la nonna
e il nipotino l'ascolta rapito,
a fissa e lo sguardo è
sbalordito
e non si allontana dalla sua gonna.
I personaggi sono proprio tanti
folletti, fate, un re, un bandito
e spunta dal suolo un razzo smarrito
che chiede la via ai grilli parlanti.
Di tutto succede in quel bel racconto
mentre la nonna imbocca il bambino:
da una fontana zampilla vino
e in banca fanno perfino lo sconto.
Gli occhi del bimbo pieni di luce
ispirano quella cara nonnina.
Si perde nel sogno anch'ella piccina
lontano per mano con sé lo conduce.
Appesi al filo di rosso aquilone
girano il mondo e non hanno biglietto
vincono partite in modo scorretto
facendo goal ma senza pallone.
Questo ai bambini e ai grandi è permesso
se ai sogni affidano il loro cuore
e se tingono di eterno stupore
la vita che di favola acquista il riflesso.
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ARRIVERÀ NATALE
(© 2017 Marisa Cusumano)
Arriverà Natale con la sua neve
bianca.
Il mio camino è spento, la mia schiena
è stanca.
Ma canterò lo stesso le lodi al mio Signore
Che venne tra la gente dimentica d'amore.
E poi farò il presepe con tante pecorelle
E scalderò il mio cuore al fuoco delle stelle.
E un verde abete immenso alto fino alla luna
Chiederà pace al cielo e un poco di fortuna.
Nemmeno un po' di fieno per un ciuco ragliante
Che urla la sua fame a un popolo distante
Fecondo di intenzioni, ma ebbro di spumante.
Per le strade il vento intona una canzone
Quasi una ninna nanna al povero barbone
Che sogna un po' di caldo che gli ristori il cuore
Oppure un asinello, come a nostro Signore.
Mentre la neve danza in mille radi fiocchi,
Risboccia la speranza ai dodici rintocchi.
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NEVE
(© 2017 Marisa Cusumano)
Freddo candore di neve
Che lenta si posa e lieve
Copre con la sua purezza
dando una nuova bellezza
Alla invernale natura silente
Che ansiosa il sole attende.
La terra trattiene il fiato
Sotto il suolo ammantato
Da vellutato splendore,
Bello, ma senza calore.
Però il calore è vita
È un motore che invita
Ogni creatura a gioire
A vivere ridere uscire.
Guardo questa bianca coltre
E il mio pensiero va oltre
E chiedo a nostro Signore
In una preghiera d'amore
Che un po’ di questo candore
Si trasferisca nel cuore
Dell'uomo che ha scordato
Che per amare è nato.
Se ognuno tornasse bambino
E ascoltasse il sussurro divino
Che invita a dare la mano
Al fratello vicino o lontano,
Una corrente d'amore
Ridarebbe alla vita sapore.
Ma sordo è ormai divenuto
Quell'essere e come muto
Non sa dire né dare col cuore,
E come sotto la neve muore
chiudendo la sua
sterile vita
simile a pianta per il gelo appassita.
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Camilla Anguilla Tranquilla
(©
2017 disegno di Rita Mangione) |
CAMILLA ANGUILLA TRANQUILLA
(© 2017 Giuseppa Ripa)
Vagava pe' i mari Camilla l'Anguilla.
Scrutava i fondali ed era tranquilla.
Sinuosa nuotava, saliva, scendeva,
e tutti nel mare lei conosceva.
Sapeva che accanto all'uscio di casa
un delfino abitava con la sua dolce sposa.
Tutti sapevan che il suo nome era Delfie
e avea la mania di farsi dei selfie.
Con Medy provava a mettersi in posa
e a Medy Medusa piaceva la cosa.
Ma quando provava con la sua dolce sposa
lei bofonchiava assai dispettosa.
Delfie insisteva, insisteva, insisteva
ma la sua sposa i selfie li odiava.
E allora Delfie da ciò desisteva
e la moglie felice lo ringraziava.
Un giorno Camilla assieme alla Medy
decise di andare a visitare altri lidi
e Delfie a loro pensò d’aggregarsi.
La moglie invece non volle staccarsi
dagli amici ch’eran parte di un coro
e decise di rimanere con loro,
‘ché negli abissi del mare profondo
allietavan tutti in un bel girotondo.
Camilla veloce saltava giuliva;
Delfie con Medy l'anguilla seguiva.
Ad un tratto tra rocce, coralli ed anfratti
rimasero i tre assai stupefatti.
Sembrava che un essere strano davvero
si nascondesse da tutti. Ma che mistero!!
Camilla si accorse del colore un po' giallo
e Delfie ne vide la cresta da gallo.
La Medy non seppe resistere ancora
e riuscì ad accostarsi, alla buonora!
- Perbacco! - Si chiesero i tre incuriositi
- Chi si nasconde in questi profondi siti?
Pian piano quel tizio dal suo nascondiglio
uscì spaventato più di un coniglio.
Camilla gli struscia curiosa tra i piedi
e Delfie lo scruta assieme alla Medy.
- Ohibò! Dicci subito immantinente
da dove vieni e da quale gente.
- Un mostriciattolo tascabile io son
e i miei nemici mi chiaman Pokémon.
In fondo ai mari ho trovato un nascondiglio
e la libertà dagli inseguitori io mi piglio.
Figuratevi! Volevano mandarmi
in un asilo nido! E per cibarmi
i bimbi belli mangiare avrei dovuto
coi papà e le loro mamme!! Ma avrei mai potuto
tanto male ai bimbi buoni arrecare?
Così ho deciso di nascondermi nel mare.
Non era vita che si poteva fare!
Come mostro non volevo più restare.
Giovani distratti nella vana mia ricerca
ai pericoli erano esposti se facevano cilecca.
Tutti quanti con il naso volto in giù
e, per trovarmi, mille danni e molto più!
Camilla e Medy, con Delfie che seguiva,
al Pocket Monster mandarono un "Evviva!"
Una bell'idea a Camilla balenò
e ad una amica di vecchia data si affidò.
A Bloom Camilla aiuto volle chieder
che delle fate teenager era la leader;
delle Winx era la principessa super.
Con Bloom Camilla pensò di fare poker!
A lei affidò del Pokémon la mano
per liberarlo dal suo fato insano.
Il Pokémon ben presto fu libero e felice
e in fondo al mare volle mettere radice.
Il nome di Alfie al Pokémon fu dato
e tutt'ora, se il fondale è osservato,
scoprirete che se Delfie scatta un selfie
incornicia, oltre a sé, Camilla, Medy e Alfie.
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STUPORE
(© 2017 Marisa Cusumano)
Accade talvolta che incontri, passando,
Un cuore in cammino che ti sta cercando.
Tu senti il richiamo,
Lo ascolti sorpresa
E senti l'intesa condurti per mano.
Sintonia di pensiero,
Nuove emozioni
Sottili vibrazioni
E si colora il mondo intero.
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MIA MADRE
(© 2017 Marisa Cusumano)
Mia madre... quanto era bella!
E non solo per il dolce sorriso
Che illuminava il suo viso
e gli occhi più lucenti di stella.
La cosa più bella era il cuore
Che traboccava d'amore
E il dire mai menzognero,
Anzi fin troppo sincero,
Che il mondo non meritava.
Lei come luce brillava
Tra tanta gente maligna.
E dire che proprio matrigna
Con lei l'esistenza era stata:
Mai gioie ma rinunzie e dolori
Nella sua vita passata.
Fattasi anziana il suo aspetto
quasi non subì mutamenti
E i suoi lineamenti
Il tempo trattò con rispetto.
Io divenuta sua mamma
La proteggevo da tutto
E la sua fine fu il lutto
Che completò quel dramma
Che la mia vita già era,
Da quando il mio amore non c'era.
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LA DANZA DELLE NOTE
(© 2017 Marisa Cusumano)
Ti danzano attorno le sette sorelle:
da quando piangendo ti affacci al mondo
a quando piangendo volgi al tramonto
ti seguono nelle ore tristi o belle.
Sorridono appena ti affacci alla vita,
con dita di seta ti cullano
il sonno,
vibrano commosse in voce di nonno,
si fanno capriola che al gioco ti invita.
Il suono ti sfiora con languido accento
quando l'amore ti rapisce il cuore,
scandisce caldo delle ore l'ardore
e ti strascina in balia del vento.
E passa il tempo, passano gli anni
mai si chiude il tuo vario spartito,
sempre il tuo giorno di note è
condito,
compagne sono di gioie o affanni.
Ripiegano il capo con viso dolente
quando la vita arriva al traguardo
e si trascinano
con triste sguardo,
dietro il corteo di mesta gente.
E mentre giungi all'estrema dimora
volteggiano ancora note lontane:
sono i rintocchi di lente campane
che annunciano la tua nuova aurora.
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Mi-a-ho Gatto Cinese
(©
2017 disegno di Rita Mangione) |
MI-A-HO GATTO CINESE
(© 2017 Giuseppa Ripa)
MI-A-HO, felino cinese,
era un gatto senza pretese.
Era venuto da molto lontano
e avea trovato una sede a Milano.
Stazione centrale, il tram e la metro
da mane a sera facea avanti e indietro.
Un tozzo di pane cercava alla fine
e rimediava pizzette, cornetti, piadine.
E i tanti visi incontrati per caso
gli eran simpatici; così ... a naso!
Giovani mamme e la gente matura
di lui ben presto si presero cura.
E ogni volta era sempre uno spasso
cambiare vagone da Milano a Chivasso.
Tutti felici lo chiamavan Micino
e avevano in serbo sempre un panino.
Piroette faceva e tra le gambe strusciava
finché qualcuno una carezza gli dava.
Sapeva ogni giorno trovare un appiglio
e i pendolari passava al suo vaglio.
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Aveva incontrato un tempo l'Ivano
sulla panchina in stazione a Milano.
Era avvolto nell'impermeabile blu
col berretto di lana e il bavero in su.
Era lì seduto, stanco e avvilito
perché purtroppo aveva capito
che l'ultimo treno aveva mancato
e che, quindi, a casa non sarebbe tornato.
Lui ogni sera tornava a Chivasso
e, anche se a mani vuote, era lo stesso
una gioia pei suoi bambini amati
che grati pei suoi baci gli sarebbero stati.
Ma quella sera il micino capì
che Ivano sarebbe rimasto lì.
Gli fece le fusa, gli si strofinò,
finché Ivano il suo pelo accarezzò.
In compagnia più in fretta il tempo vola,
se un amico la tua solitudine consola.
Così Ivano il nostro micio abbracciò
e la notte più calda e più in fretta passò.
D’allora, ogni sera, Ivano racconta
di quell'amicizia di cui egli si vanta.
E ai suoi bimbi felici presenta
le mani vuote ma un cuore che canta.
E il felino cinese ormai è diventato
di Ivano e bambini il micio favorito.
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Di mercoledì MI-A-HO sapeva
che era il turno di Massimo ed Eva
Massimo era bruno, alto e snello
Eva era magra e dal viso bello.
Ogni mercoledì non sapeva far senza
della loro gioiosa presenza.
Li accompagnava per strade contorte
perché sapeva che tutte le volte
erano danze, musiche e giochi
con altri artisti di strada e non pochi.
Massimo suonava per strada il violino,
Eva intonava un canto divino,
MI-A-HO ci univa il suo miagolio
e con Massimo ed Eva faceva un bel trio.
Carezze e baci ricevea senza posa;
leccornie e croccantini mangiava a iosa.
La Cina era ormai un ricordo lontano
lui era felice e di casa a Milano.
Il pomeriggio di ritorno a Milano
MI-A-HO si recava alla fermata Duomo.
Lì trovava due vecchi gattoni
che di nome facevan Tonino e Tony.
Adesso eran ciechi quasi del tutto
ma la voglia di vivere innanzitutto
li invogliava a ballare di giorno e di notte
alle note gentili da un clochard riprodotte.
Anche MI-A-HO si univa a Tony e Tonino
e al pubblico faceva un bell’inchino.
Si esibiva, saltava e ballava
perché alla fine una leccornìa l’aspettava.
E il clochard che lo coccolava
una salsiccia infine gli offriva.
Con Tony e Tonino MI-A-HO la divideva
e lieto alla Centrale se ne tornava.
E infine serbava per il venerdì
l'allegra brigata del Giambellì.
Con loro fino a notte MI-A-HO si fermava
e con gli amici beveva, beveva,
fino a cadere sfinito sul tappeto
insieme al caro amico Anacleto,
restando immobile con gli occhi fuori l'orbita
per colpa dell'ultima effervescente bibita.
Non preoccupava MI-A-HO quello stato comatoso
perché sabato e domenica eran giorni di riposo!
Il lunedì sarebbe tornato più raggiante che mai
da Stazione centrale, su metro e tranvai.
E poi gli amici, tanti amici da incontrare,
in una Milano tutta da sognare!!
Quando però al weekend prendeva il tranvai
trovava la gente più mesta che mai.
Pakistani, serbi,
tunisini e colombiani
cinesi, sloveni,
algerini e siriani:
migranti intristiti, stanchi e avviliti.
Per loro il riposo e la festa eran miti.
Polacchi, indiani e marocchini
svelavan con gli sguardi sommessi e chini
la malinconica storia dell'uomo emigrato,
la tristezza di un sogno spezzato.
E MI-A-HO sperava in cuor suo di lenire
i mali del mondo e gioia donare.
Si guardava intorno MI-A-HO , un po' spiazzato.
Tenero miagolio e musetto macchiato
non riuscivano a suscitar tra quella povera gente
neanche un sorriso coinvolgente.
Ma una domenica calda d’agosto
accadde un evento davvero imprevisto.
Due occhietti a mandorla lo fissarono,
due piccole mani lo accarezzarono.
Aveva di fronte una tenera bimbetta
col gonnellino rosa e una bianca maglietta.
A MI-A-HO piacque e le fusa fece,
e Suh-Lai in braccio lo prese.
Invero la madre cercò, alla fermata del tranvai,
di far lasciare il gatto alla sua piccola Suh-Lai.
Ma MI-A-HO beato in braccio le restava
e Suh-Lai disperata a piangere continuava.
La madre pensò che non c'era altro da fare:
il gatto a casa doveva portare!
Così MI-A-HO entrò in quella
casetta di periferia,
decidendo all'istante che non sarebbe più andato via.
Un grande bisogno aveva più che mai
la sua nuova piccola amica Suh-Lai,
Più di Nino, Massimo o Ivano,
della compagnia di un gatto cinese di Milano.
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