Notizie biobibliografiche di Vita
Maria Russo
Nata a Mazara del Vallo (Trapani),
si laurea in Musicologia nel 1996 con il massimo dei
voti presso l'Università degli Studi di Pavia (Scuola di
Paleografia e Filologia Musicale - sede di Cremona).
Frequenta corsi di Direzione Corale, collabora con
l'Associazione Amici della Musica di Mazara del Vallo e
con alcuni periodici. Nel 1998 ha pubblicato il volume
Il Teatro Garibaldi: cento anni di spettacolo a Trapani
e nel 2001 il volume Il Teatro Garibaldi di Mazara del
Vallo – cultura e società dei tempi andati. Prevista la
pubblicazione di altri lavori su musicisti del
trapanese. Attualmente dirige la Corale Polifonica “S.
Vito” di Mazara del Vallo e cura la presentazione di
pubblici concerti.
È docente di Lettere presso la Scuola Media “G.
Boscarino” di Mazara del Vallo. |
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5 dicembre 2011
Musicologia: quasi una sconosciuta.
Un interessante quesito che molto spesso ci si
pone conversando di “musica” è quello di chiedersi se è
necessario o no avere conoscenze musicali, più o meno
approfondite, per poter godere della piacevolezza e del
benessere che la musica di per sé suscita in ogni ascoltatore.
Non mancano, di certo, studi approfonditi sulle diverse funzioni
che la musica investe nell’ambito dello scibile umano e sono
innumerevoli le considerazioni espresse da chi, studioso o meno
della musica, sia stato sorpreso dal dubbio inizialmente qui
proposto. In qualità di musicologa, mi ritrovo in linea con
Nicholas Cook (musicologo inglese, docente alla University of
Southampton); con lui e insieme al resto dei musicologi, dovrei
sostenere l’importanza della maggior conoscenza che aggiunge al
suono altri aspetti del ”senso” musicale, convincerne il lettore
e ostacolare l’idea di musica intesa come solo divertimento.
Sottolinea, inoltre, Cook quanto, probabilmente, non sia affatto
necessario conoscere la musica per goderne appieno la sua
bellezza e che spesso esiste una conoscenza inconsapevole di
essa senza averne una vera “coscienza”. Allora il Cook si
chiede per quale ragione si è aggiunto il suffisso “logia” alla
musica dando vita alla “Musicologia”? Se facciamo un passo
indietro nel tempo e indaghiamo sul concetto antico di musica,
riaffiora nella nostra memoria l’idea che della musica ebbero,
per esempio, i Greci per i quali la musica non era solo “arte”
ma anche “prodotto” per la ricerca scientifica e filosofica
poiché mescolava teorie, intervalli, rapporti matematici.
Bisognerà attendere la seconda metà del XIX sec. perché la
musicologia venga riconosciuta come campo di ricerca autonomo.
La Musicologia racchiude tutto il sapere che sta alla base della
fruizione della musica perché nello studio della musica è
necessario ricostruire più “sapere possibile” intorno ad essa
(tempi, luoghi, esecutori, struttura sociale, consapevolezza,
significato, ecc.). E, come sostenne G. Adler, (musicologo della
seconda metà dell’800) tutta la musica “implica la sua
musicologia”. Egli nel 1885 divise lo studio della musica in due
discipline: musicologia storica e musicologia sistematica.
Mentre la prima rende immediata la comprensione del campo di
indagine su cui opera (storiografia musicale, bibliografia
musicale, paleografia musicale, filologia musicale, storia del
linguaggio musicale, prassi esecutiva, estetica, filosofia della
musica, ecc.), la seconda necessita di un chiarimento: la
musicologia sistematica applica il suo campo di indagine a
successive sotto-discipline spesso indipendenti e non collegate
fra loro come l’estetica musicale, la psicologia musicale,
psicoacustica, sociologia, semiologia, scienze informatiche,
l’acustica, ecc. anche se quest’ultima ha mantenuto una forte
autonomia di identità rispetto alle altre per tutto il secolo
scorso. A ciò si aggiunge che nel 1941 G. Haydon con il suo
“Introduction to Musicology” separò l’etnomusicologia dalla
musicologia sistematica e che gli anni ’70-’80 del ‘900 hanno
consentito l’emergere delle scienze cognitive comprese quelle
musicali. Sarebbe lungo e forse non troppo interessante
ripercorrere l’evoluzione della Musicologia nel corso dei secoli
con tutte le implicazioni che la stessa porta con sé (Quali
discipline appartengono ad essa? Qual è il confine dell’indagine
musicologica?) anche in considerazione della “New Musicology”
che, affermatasi intorno al 1990, ha sfaldato la vecchia
tripartizione ovvero musicologia storica, sistematica ed
etnomusicologia. La musicologia è ciò che Nicholas Cook ben
definisce, ovvero uno studio multidisciplinare e
interdisciplinare poiché “un dipartimento di musica è costituito
da storici, antropologi, teorici, di popular culture, psicologi
[…] un dipartimento musicale è un centro di ricerca
interdisciplinare […]. La Musicologia è di per sé
multidisciplinare”.
La conclusione sembrerebbe
aver trovato la soluzione alla ricerca dell’identità
musicologica ma, in realtà, se pensiamo che negli ultimi decenni
nei paesi anglosassoni la produzione editoriale che rappresenta
la “musicologia sistematica” sia stata ampiamente in crescita
seppur la “musicologia storica sia sempre notevolmente fiorente,
se pensiamo che in Germania la “musicologia storica” sia sempre
predominante (anche per il fatto che la “storia” nella cultura
tedesca è molto più importante, per esempio, di quella
americana) esistono ancora delle indeterminatezze per poter
certificare con precisione l’univoca identità della musicologia.
Essa è una disciplina dinamica poiché costantemente gli studiosi
si ritrovano ad ampliare i confini preesistenti ed esplorano
nuovi percorsi di indagine sulla musica che, sia essa arte,
scienza o altro, non smette di costituirsi elemento fondante
nella formazione dell’individuo.
(Vita Maria Russo)
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