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SEMINARIO DI SCRITTURA CREATIVA

 

13 ottobre 2012
SEMINARIO DI SCRITTURA CREATIVA A CURA DI SILVIA DENTI E GAVINO ANGIUS

Interessante e ricco di suggerimenti è stato il seminario di scrittura creativa svoltosi sabato 13 e domenica 14 ottobre a Mazara, tenuto da Gavino Angius e Silvia Denti. Il seminario, preceduto dalla presentazione dell’ultima fatica letteraria degli autori, un libro di poesie dal titolo IN/CONTRO,  è stato organizzato dall’associazione culturale “Alchimie”.  Nel primo incontro pomeridiano l’autore, con chiarezza e molto senso pratico, ha  spiegato i principali aspetti del processo creativo e degli elementi costitutivi della narrazione servendosi di esempi pratici e di esperienze personali. 

Iniziando la sua trattazione, Gavino  Angius ha subito affermato che il presupposto per imparare a scrivere è quello di prestare  attenzione a come si legge  perché l’attenta osservazione della bottega dello scrittore, sia del passato che del presente, potrà permettere al lettore di divenire consapevole delle   proprie personali possibilità. L’autore ha quindi analizzato le motivazioni della scrittura. Perché si scrive? Si scrive perché si parla e perché, con l’uso della parola, abbiamo tutti acquisito sin da piccoli  la capacità  di raccontare. Tutti siamo infatti dei narratori. Alla base della scrittura si può trovare anche una motivazione di tipo narcisistico, ma comunque chi scrive ha sempre un briciolo di mania ed è divenuto preda di una forma benigna di compulsione.  Allora è meglio, ha affermato lo scrittore, cercare di trarre il meglio da questa specie di forma patologica, usandola e perfezionandola.

Cosa scrivere? È questa la seconda riflessione proposta dall’oratore.  Si scrive per trasmettere qualcosa che si conosce o per indagare su qualcosa che si vuole conoscere.

Lo scrittore non inventa, ma fa l’esatto contrario: si documenta.  Quella della documentazione è l’unica percorribile via  in quanto ci  permette di conoscere  i meccanismi occorrenti per  la creazione di qualcosa. E’ chiaro che il ricercatore deve anche sapere dove poter reperire il  materiale  necessario per la sua documentazione in modo da potersene  servire  agevolmente. Insomma, occorre sapere  dove andare a cercare le notizie necessarie per la  creazione di qualcosa che abbiamo in mente.

L’elaborazione di un racconto breve, afferma Angius,  è molto più difficile di quella del romanzo perché  prevede un lavoro di riduzione di  ogni esubero  per tendere all’essenziale. 

Scrivere, infatti, vuol dire togliere e non aggiungere. Possono esserci dei racconti brevissimi, anche di poche parole, ma significativi ed evocativi di qualcosa che sta nascosto dietro le righe. Ogni storia vuole essere raccontata in un certo modo e non in un altro.
A questo punto non rimane altro che andare a caccia del soggetto creando nel proprio cervello una vera tempesta.  Per cercare l’ispirazione occorre guardarsi intorno, fare incetta di suggerimenti e procedere ad una scelta. Così come il cercatore di funghi opera una scelta tra i funghi buoni e i cattivi, anche nel caso  della  scrittura occorre fare una scelta. E questa scelta è sempre un atto critico ben diverso dalla raccolta fatta in modo indiscriminato. 

Si può partire da una situazione o da un personaggio, da un' immagine, da una atmosfe-ra.  

Nulla nasce dal nulla e, guardandoci intorno, potremo trovare ciò che ci interessa e vedere se la storia può avere sviluppi interessanti, presentando almeno un minimo di avventura.  Spesso abbiamo una sceneggiatura sotto il naso e non la sappiamo riconoscere.

Altro modo di scrivere, più difficile sicuramente, è quello di rifare il lavoro che hanno fatto gli altri.  Copiare, quindi, ma farlo con discernimento. Se si copia quello che hanno fatto scrittori importanti,  lo si può fare all’infinito.  E questa è l’arte vera del copiare. Imparare a copiare può essere un’ottima strategia per far emergere le proprie capacità narrative. E’ come quando si vuole andare a rubare in una casa.  Bisogna avere a disposizione una bella mappa della casa e avere i mezzi per aprire la combinazione della cassaforte, così se si vuole copiare un autore e rubare i suoi segreti, dobbiamo studiare e leggere più volte le sue opere per scoprire quali sono le nostre potenzialità creative. A volte un soggetto ci viene offerto su un piatto d’argento e allora non dobbiamo far altro che prendere appunti. C’è un termine specifico per questa prima fase del lavoro ed è chiamato outline, cioè bisogna fare una scaletta o una specie di sceneggiatura (come modus operandi io lo raccomando sempre) raccogliendo quello che potenzialmente ci serve per la nostra storia e poi eventualmente operare una cernita.

Vi chiederete allora: Come raccontare una semplice storia in maniera letteraria? Si può giocare sugli appunti, fare tanti outline partendo da uno spunto e immaginare una posizione diversa dei fatti. Si può cominciare a raccontare dalla fine invertendo i termini, tattica  molto  usuale, posso immaginare i pensieri, le sensazioni del personaggio, posso anche dare risalto all’aspetto intimistico o  costruire  una storia fantastica che abbia un lieto fine. Altro aspetto da considerare è che l’opera di revisione non finisce mai. Anche nel campo della musica succede la stessa cosa. Mozart, ad esempio, aveva una memoria di ferro e scriveva di getto. Beethoven invece  faceva tante correzioni alle sue opere tanto che non sappiamo quale sia la stesura originale. Lo sviluppo è la parte più corposa del racconto, quella in cui si svolgono gli eventi principali che danno spessore alla storia, mentre il  climax è il culmine della tensione narrativa, il momento finale che prepara lo scioglimento della storia.

Per osservare il momento più saliente dell’opera di uno scrittore, possiamo vedere la differenza tra gli appunti trovati nei taccuini di Heminguay e il racconto finale avente come titolo “Il vecchio al ponte”. L’autore sceglie la figura emblematica di un vecchio per raccontare un episodio tragico della guerra di Spagna. Notevole è la differenza tra gli appunti e la stesura finale del racconto. Heminguay fa una cernita dei suoi appunti e nel prodotto finito, con tocchi magistrali e con poche immagini, riesce a dare un esempio di una grave drammatica situazione.  Nel  suo racconto  si serve molto  del  dialogo,  che è un momento privilegiato  e una strategia tipica della narrativa.
(Maria Grazia Vitale)

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